Semita e antisemita
Gli antichi testi sumeri, poi quelli assiri, greci ed infine la Bibbia ci informano che nel ventiseiesimo giubileo Noè e sua moglie Emmezara generarono tre figli: Sem (Sém), Cam (Ham) e Iafet (Yàpet). Informato fortunosamente di un’imminente cataclisma Noè costruì una nave, o Arca, nella quale si rinchiuse coi figli, le loro mogli e ogni coppia di animale. Terminato il Diluvio e trascorsi alcuni mesi l’Arca si arenò su un monte e la famigliola uscì dall’Arca.
Approfittando della terra asciutta Noè eresse un altare per l’olocausto di alcuni animali e gli dei, attratti dal profumo delle carni bruciate, scesero dall’alto dei cieli, godettero dell’odore delle carni arrostite, si calmarono e fecero un patto con Noè che ossequiosamente divise il mondo tra i suoi tre figli.
Al primogenito, Sem, e alla sua discendenza, fu affidato il Medio Oriente; da essi derivarono le popolazioni sumere e assiro-babilonesi della Mesopotamia, gli Arabi, gli Etiopi, gli Aramei, i Cananei e gli ebrei.
Al secondogenito di Noè, Iafet, e alla sua discendenza di sette figli, derivarono le popolazioni dette Giapeti, da Yàpet, o europei.
La Tavola dei Popoli della Genesi ci dice che al terzogenito di Noè, Cam, andarono le terre del nord Africa e da lui discesero i Libici, gli Egizi, i Berberi e i Cusciti della Nubia.
Per millenni nessuno si occupò più dei figli di Noè fino a quando nel 1781 August Ludwig von Schlozer unì le lingue parlate dagli Assiri, Aramei, Cananei, Fenici, Arabi, Ebrei e Abissini in un’unica famiglia linguistica cui diede il nome del primogenito di Noè, semitica. Nei decenni successivi l’aggettivo Semitico iniziò a definire non solo la famiglia linguistica ma anche i popoli che la componevano finché dopo un secolo dalla nascita del lemma apparve il suo opposto, antisemita, usato da un giornalista tedesco in un opuscolo sulla Vittoria del Germanesimo sul Giudaismo.
In un periodo in cui si dava molto peso alla “razza” e la “scienza” si scervellava per trovare le possibili assonanze e differenze tra i “tipi razziali” giustificando ogni tipo di azione, l’aggettivo semita iniziò ad essere accostato al lemma “ebreo” finché negli ultimi decenni ci si è pressoché scordati che da Sem non derivarono solo gli ebrei ma anche altri popoli e che semita non è un aggettivo prettamente ebraico ma include anche assiri, babilonesi, aramei, cananei, etiopi ed arabi.
Grazie alle analisi dei mitocondri del DNA e alle correlazioni del cromosoma Y oggi sappiamo che la maggior parte delle popolazioni del vicino Oriente come Arabi, Fenici e Cananei possano discendere da antenati comuni. Ben differenti sono i risultati per quanto riguarda gli ebrei. Se gli italiani pensano di essere un miscuglio di popolazioni differenti con ben poco in comune tra loro è perché non hanno mai analizzato gli ebrei.
Come i cristiani possono essere di tante popolazioni differenti così è per gli ebrei. L’ebraismo è un aggettivo che attiene ad una religione professata dagli ebrei che possono essere di etnie e origini molto differenti tra loro. Prendiamo ad esempio due ebrei famosi del mondo del cinema nord americano: Woody Allen e Paul Newman. Il primo è piccolo, brutto, moro e con gli occhi neri, il secondo è alto, bello, biondo con gli occhi azzurri, questi due soggetti fisicamente opposti sono entrambi ebrei. Il primo deriva da quella striscia di terra chiamata Giudea o Palestina, il secondo dall’est europeo. Parte degli antenati del primo seguirono le conquiste arabe ed emigrarono in Andalusia sotto i Mori e dal nome ebraico di quella terra, Sefarad, sono chiamati Sefarditi, gli antenati del secondo erano Kazari che, convertiti in massa al giudaismo per volere del loro re, furono cacciati dalle terre dell’attuale Ucraina meridionale e del Kazakistan dalle orde mongole ed emigrarono verso la Polonia, che era russa, e il centro Europa tedesco. Le differenze tra i due gruppi non erano solo fisiche ma anche comportamentali: i sefarditi avevano una condotta sessualmente più licenziosa, permettendosi più mogli e rapporti omosessuali, e avevano un marcato rispetto per le proprie ascendenze e rispettavano il nome degli antenati mentre gli ashkenaziti, così erano chiamati gli ebrei dell’est europeo, erano monogami, parlavano una loro lingua detta Yiddish, e cambiavano spesso nome, cognome e residenza celando la provenienza e il passato.
Le conseguenze di tutto ciò le riscontriamo anche nel sedicente stato di Israele dove il 90% della popolazione è di origine kazara e dove il russo è la lingua più parlata dopo l’ebraico. Come è dimostrato il popolo ebraico di cui ci parlano i media e i politici non è mai esistito, è un’invenzione dell’ultimo secolo voluta dal sionismo per arrivare alla creazione dello stato d’Israele.
Il sionismo non ha dato una terra ad un popolo che non aveva terra ma, con le buone o con le cattive, ha fatto emigrare milioni di persone che avevano un luogo dove vivere in Europa per portarle a vivere in una terra che nessuno dei loro antenati aveva mai visto e tanto meno calpestato.
Si continua ad usare il termine semita per gli ebrei, e ancor peggio per gli israeliani che non sono originari del Medio Oriente, scordandosi che il termine nacque per ben altre popolazioni, come gli Arabi, gli Etiopi e i Cananei che oggi chiamiamo Libanesi.
L’uso incorretto e fallace del vocabolario induce a conclusioni errate, addirittura opposte alla realtà, arrivando a definire “semiti” gli ebrei, che semiti non sono, e definendo “antisemiti” gli arabi, i siriani, i palestinesi e i libanesi, che invece sono semiti.
Partendo da questa definizione al contrario ecco Bibi Netanyahu, il cui vero cognome è Mileikowsky, polacco di famiglia aschenazita e sionista di Varsavia, che definisce l’assemblea generale dell’ONU una “palude antisemita”.
Che il mondo intero venga accusato di terrorismo e di intolleranza da chi è a capo di un’organizzazione criminale, intollerante, razzista e guerrafondaia insediatasi illegalmente e forzatamente da oltre mezzo secolo sulla terra altrui, ci mostra a cosa ci ha portato l’ignoranza e la confusione dei termini e di come questa ignoranza sia usata quotidianamente per imbrogliare la verità giornalistica.
Galileo Ferraresi