Il libretto rosso di Mao dalla Baia
La crisi della democrazia
Erano i favolosi anni ’60: capelli lunghi, camicie a fiori, musica e canti; questo era l’aspetto esteriore, quello che appare sulle tv, ma c’era ben altro. La Russia, ovvero la CCCP, la nazione che secondo Lenin avrebbe dovuto guidare la rivoluzione comunista in tutto il mondo, era alle corde. Dopo venti anni di guerra fredda contro i capitalistici stati occidentali la Russia si stava facendo sfilare il ruolo di leader mondiale del comunismo dall’oriente. La Cina, ovvero la Repubblica Popolare Cinese guidata da Mao, con un mix di slogan, comunicazione e risultati economici aveva creato folle inneggianti al presidente e venduto decine di milioni di copie del Libretto Rosso con le massime del presidente: il riferimento dei giovani comunisti non era più un vecchio e burocratico politbureau sovietico ma un nuovo e festoso Mao con la sua Rivoluzione Culturale. Mentre gli Usa per bloccare la lotta per la libertà e l’indipendenza del popolo vietnamita si impantanavano sempre più nelle risaie e nelle giungle vietnamite e la Russia non diceva beo, la Cina forniva armi e munizioni ai guerriglieri vietcong. Mentre Cuba inviava il Che in giro per l’Africa e il Sud America a combattere per la libertà dei popoli oppressi dalle potenze coloniali europee e dagli Usa, la Russia si girava dall’altra parte. Il modello comunista sovietico era in crisi. Se nel 1956 parecchi partigiani non avevano accettato l’invio di carri armati sovietici in Ungheria, ancor peggio fu visto l’invio di carri armati sovietici a Praga per abbattere le riforme di Dubcek. Il comunismo sovietico gettava la maschera e mostrava il suo volto peggiore. Altrettanto faceva il capitalismo occidentale che dalla Corea all’Indonesia, dal Sud America al colpo di stato dei colonnelli in Grecia mostrava come le democrazie non fossero migliori dei comunisti.
Questa crisi ideologica si sviluppava in contemporanea con il terrore di una guerra nucleare e il sogno positivista della conquista della luna. Una crisi di valori che travolgeva anche la chiesa costretta ad indire un Concilio per fare il punto della situazione e lanciare le linee programmatiche per il futuro.
La critica al potere, qualsiasi esso fosse, colpiva le figure istituzionali, il ruolo dei padri, dei generali, degli insegnati e, non ultimo, quello dei “padroni”. Negli Usa il 70% degli studenti universitari era a favore della socializzazione delle fabbriche e voleva il passaggio della loro proprietà ai lavoratori. Sociologi come Marcuse mettevano in crisi la figura dell’uomo moderno ricco di beni di consumo ma alienato dal proprio ruolo e dalla propria individualità. Figure che fino a poco prima erano considerate “intoccabili” ora venivano viste come persone, e quindi passibili di sbagliare e di essere criticate e giudicate. Anche i giornali, la radio, la TV perdevano quell’alone di verità e di dogma che avevano avuto fino a pochi anni prima.
In conseguenza di tutto ciò in alcune nazioni europee e negli Usa si assisteva ad un progressivo aumento del potere contrattuale della classe operaia, ad un aumento dei salari e a una diminuzione delle ore lavorative: dalle 48 ore settimanali si passò alle 38, e anche 36 ore, i salari crebbero del 50%, tutto senza ridurre i guadagni delle classi egemoni. Ci si accorgeva che si poteva vivere una vita differente, migliore di quella vissuta dai genitori o dai nonni, l’ottimismo traboccava e le paure secolari sparivano: si era ad un passo da un mondo nuovo non più basato sullo sfruttamento dell’individuo, un mondo dove tutti avrebbero potuto lavorare meno e ci sarebbe stato lavoro per tutti.
Probabilmente questa fu la paura che mise in moto la reazione di chi da generazioni non aveva mai lavorato, di chi sulla carta d’identità aveva scritto Professione: Benestante. Qualcuno fu tanto terrorizzato che ad un certo punto telefonò ad un avvocato, un certo Lewis F. Powell jr., chiedendogli come si poteva fare per fermare la storia e, se possibile, riportare gli orologi e i calendari ad un tempo in cui pochi, pochissimi, disponevano di tutto e di tutti. Da uomo di gran cultura Powell non impiegò molto per capire come fare e, ispirandosi a Gramsci, scrisse undici paginette di annotazioni, consigli ed appunti. Era l’agosto 1970 quando il suo memorandum lasciava la sua scrivania e usciva dallo studio per una missione fino allora impensabile: bloccare la storia.
Lewis F. Powell Jr. Giudice.
Foto ufficiale US Supreme Court
In breve nacque la Trilaterale, un’associazione di liberi pensatori originari di Usa, Europa e Giappone, che si occupa della cultura, della conoscenza, dei valori del mondo libero e della lotta alla povertà: cosa chiedere di più da questi ricchissimi uomini d’affari? Ma come spesso accade le dichiarazioni non corrispondevano esattamente ai veri intenti. Poco dopo la Commissione della Trilaterale, l’organo che si occupava fattivamente dell’associazione, incaricava tre insegnanti universitari, uno francese, uno Usa e uno giapponese, di studiare il memorandum di Powell, di ampliarne i concetti e di proporre un piano per realizzare quelle idee. Nel 1975 usciva The Crisis of Democracy, la bibbia del pensiero liberista per la creazione di una società dove la democrazia esista solo di facciata e sia gestita da una cerchia ristretta di individui scelti e indirizzati dal grande capitalismo mondiale.
The Crisis of Democracy, la bibbia liberal
Se si vuole vincere servono tre cose: soldi, soldi e ancora soldi, così aveva decretato Powell, e così fecero i suoi committenti.
I soldi servirono allora per lanciare quel quid immateriale e senza peso che sono le idee. Con le idee gli illuministi fecero la Rivoluzione Francese, i massoni americani fondarono gli Usa, quelli inglesi liberarono il sud America dalla Spagna, con le idee Garibaldi conquistò il Regno più ricco del Mediterraneo, quello delle due Sicilie; le nuove idee avrebbero opposto un argine alle idee dei loro oppositori. Ma le idee non bastano, devono essere divulgate, non con pesanti e poco comprensibili libri come Das Kapital e gli altri testi classici dei comunisti e dei socialisti, le nuove idee dovevano essere comprensibili a tutti, anche ai bimbi, anzi, dovevano essere divulgate in modo tanto semplice ed infantile da far tornare ad un livello infantile le menti dei lettori. In questo modo il successo sarebbe stato doppio: controllo delle menti e istupidimento delle persone.
Ed 1975 Usa
Anche i programmi dei media dovevano diventare liberal, lanciare l’idea che solo il libero mercato è libero, e quindi giusto. Lo stato, fortezza dei diritti acquisiti negli ultimi due secoli, doveva essere smantellato e i servizi dati in gestione ai privati che li avrebbero fatti funzionare meglio del pubblico. Uno stato macchietta è più facile da smantellare di uno stato serio e funzionante, ecco allora che ogni manifestazione statale, ogni funzione statale, è denigrata, ridicolizzata, presa in giro. Il dipendente pubblico diventa sinonimo di inefficienza, di mangia pane a tradimento. Ogni errore compiuto da un dipendente statale è amplificato. Gli errori e le truffe del privato invece vanno accuratamente nascoste e, se diventano pubbliche, gestite opportunamente dagli Spin Doctor, gli esperti della comunicazione che fanno girare le informazioni e i fatti come vogliono loro.
Secondo il memorandum di Powell le università, in particolare Scienze Politiche, Sociologia ed Economia, dovevano divulgare il pensiero liberal e denigrare ogni altro pensiero. Le case editrici dovevano pubblicare solo libri favorevoli al loro pensiero, e così pure i programmi delle tv e delle radio. Come fare? Semplice: le banche concedono finanziamenti e mutui solo a chi scrive quanto è desiderato.
I concetti sociali degli anni ’60, le lotte studentesche e sindacali, andavano ridicolizzati. L’impegno sociale, l’interessamento per l’altro, l’altruismo, dovevano sparire e il loro posto doveva essere preso dall’edonismo, dall’individualismo, dal successo. Moriva l’hippy pacifista e impegnato per il benessere comune e nasceva lo yuppie, il nuovo uomo dedicato 25 ore al giorno al lavoro, al successo personale, firmato dalla testa ai piedi che ha come idolo l’avv. Gianni Agnelli, il referente per l’Italia della Trilaterale. Non si cerca più di migliorare la società, l’importante è pensare a se stesso. Non esistono più le ingiustizie sociali, l’importante è rientrare nell’immagine dell’uomo che vince se si impegna. Un nero nato in un ghetto può diventare presidente degli Usa, se non lo diventa è perché non lo vuole abbastanza. L’ambiente, i condizionamenti economici e sociali non esistevano più. I concetti di classe e sfruttamento dell’individuo andavano eliminati anche dal vocabolario usato nei testi di scuola e nei discorsi politici e filosofici. Solo chi adottava idee liberal poteva fare carriera e arrivare alle vette universitarie. Chi si dedicava all’impegno verso gli altri non era degno di gestire gli altri, e neppure il potere.
La giustizia andava dirottata verso questo modo di pensare. Dall’università in poi ogni testo scolastico, ogni arringa, ogni decisione delle corti doveva difendere i diritti del datore di lavoro e attaccare lo stato e i sindacati.
Si potrebbe obiettare che la soluzione a tutte queste richieste dei liberal c’era, era stata utilizzata tante volte, e si chiamava Colpo di Stato, ma qui sta la finezza di pensiero di Powell e dei tre professori. I Colpi di Stato militari sono brutti, sporchi, fastidiosi, non si sa mai come vanno a finire e non sono amati dal pubblico, come insegnava il Golpe in Cile di Pinochet. Meglio mantenere delle belle democrazie indorate e funzionanti dove però i giocatori sono assoggettati al nuovo pensiero dominante e ai voleri dei padroni della finanza e dell’economia. Per fare questo i politici vanno scelti, allevati e tenuti in vita in modo da avere sempre il politico giusto per l’obbiettivo che si vuole raggiungere. L’idea mi pare sia stata attuata anche in Italia dove Beppe Grillo ha dichiarato che è stato grazie a lui e al suo movimento che milioni di italiani arrabbiati hanno votato 5 stelle e non si sono dati ad altre forme di opposizione. Una volta inglobate nel movimento le aspettative di queste persone avvilite ed arrabbiate sono poi state smorzate e disattese. Una perfetta attuazione del memorandum Powell e del testo del 1975.
Secondo Powell e i tre professori la democrazia permette la conflittualità tra opposti schieramenti e, siccome la cultura antagonista minaccia la cultura liberista, bisogna far sparire la conflittualità, creare cooperazione, compromessi di gestione, cogestione. Parole che oggi suonano normali negli anni ’70 erano quasi assurde: la Mirafiori era stata occupata, le BR rapivano e uccidevano, i Nar altrettanto, lo stato e Stay Behind/Gladio compivano stragi un giorno si e uno pure, Nuclei Armati di qualsiasi tipo e nome erano ad ogni angolo di strada di periferia e anche del centro. La conflittualità c’era, ed era vissuta sulla pelle di tutti. Ma la nuova linea prevedeva altro: l’autonomia proletaria, la ricerca di modelli differenti di sviluppo, la ridistribuzione della ricchezza, dovevano essere messe in crisi da una facciata differente della classe economica egemone. Facciata differente, non finalità differenti.
Il governo della democrazia, ovvero il controllo dei governi e dei parlamenti che vogliono Agnelli e i suoi amici della Trilaterale, è in aperto contrasto con il grado di democrazie di uno stato. Più un sistema è democratico e meno è governabile dalla Trilaterale. I nostri uomini sono consapevoli del pericolo: la democrazia è per sua stessa definizione governo del popolo, la democrazia è di sinistra. Il trucco è fare diventare la sinistra liberal, spostarla più a destra della destra, infradiciarla di persone o corrotte o deficienti, in entrambi i casi ubbidienti al vero potere economico.
Per ottenere questo si agisce sia con la forza, la polizia, gli eserciti, le stragi, gli omicidi mirati e sia con la concertazione, l’asservimento dei mezzi di comunicazione, il coinvolgimento dei partiti e dei sindacati nella gestione degli operai. Ciliegina sulla torta di questo stravolgimento di ruoli e funzioni sarà il progetto di Repubblica Presidenziale tanto agognato, supportato e spinto dalla P2 di Gelli, da Berlusconi e da Renzi.
La bomba della concertazione esplode in Italia con il Compromesso Storico, l’accordo tra la DC di Aldo Moro, al governo, e il PCI del marchese Enrico Berlinguer all’opposizione. Secondo l’accordo il PCI sarebbe entrato come sottogoverno e in cambio avrebbe gestito la conflittualità operaia. “Buon accordo” deve aver pensato qualcuno, ma perché concedere una seppur piccola parte delle leve del potere quando si può avere tutto senza pagare nulla?
Quando si vuole “spingere” un’idea che si sa essere inaccettabile bisogna cambiare la situazione: a situazione differente accettazioni differenti, deve aver pensato qualcuno, e così Aldo Moro fu rapito e ucciso. Da quel momento chi si opponeva alla gestione del potere da parte degli uomini più liberal della DC era un nemico della democrazia, un amico delle BR, un potenziale seguace degli assassini di Moro, forse era stato proprio lui a uccidere il presidente della DC. Fu così che del compromesso storico si attuò solo una parte, quella della concertazione del PCI e dei sindacati che iniziarono a gestire le conflittualità in nome del quieto vivere e di una fettina di beni economici per i capi delle organizzazioni. L’altra parte del Compromesso Storico, quella che prevedeva la gestione del potere da parte della classe operaia, complice anche l’improvvisa morte di Berlinguer, non fu mai attuata. Fu così che la classe operaia invece di andare in paradiso si trovò in un limbo ovattato dove non si parlava più di diritti, di disservizi, di scioperi, ma solo di impossibilità a migliorare la situazione sociale, lavorativa e di impegno per un futuro migliore. Il PCI guidato da personaggi del calibro di D’Alema cedette tutto e ancor di più agli Andreatta, Ciampi e Prodi.
Con la fine del secolo si conclude l’iter del Compromesso Storico con la distruzione delle garanzie sociali dei lavoratori. Il progetto che prevede l’eliminazione di alcune garanzie dei lavoratori è stato elaborato da un giuslavorista di Bologna, Marco Biagi. A questo punto qualcuno deve aver pensato “perché accontentarsi del prosciutto quando posso avere un porco intero?”, e così si attuò la replica, ovviamente con le dovute varianti, dell’omicidio di Moro. Marco Biagi fu assassinato da un gruppo redivivo, forse nato per quell’occasione, delle famigerate BR. Un parlamento ormai senza opposizione (e chi si sarebbe mai opposto ad una “legge Biagi” con il suo cadavere ancora caldo?!?) approvò una legge che solo un mese prima sarebbe stata improponibile.
Pareva fosse la fine dei diritti dei lavoratori, pareva, finché non arrivò dalla Bocconi la professoressa Elsa Fornero a dimostrare che al peggio non c’è mai fine.
© Galileo Ferraresi, gennaio 2019