Giriamo la chiave, il motore si accende, ingraniamo l’invertitore e la barca comincia a muoversi, ma perché si muove? Semplice: perché l’elica gira e con la sua rotazione muove la barca. L’elica è una macchina semplice che compare nella storia umana da millenni, esempi sono la vite senza fine di Archimede e le eliche per alzarsi in volo nei disegni di Leonardo, ma mai nessuno aveva pensato di applicare questo principio alla propulsione marina finché un giorno….e qui comincia la storia della nostra elica.
Si chiamava Joseph Ludvík František Ressel ed era nato in Boemia da padre tedesco e madre ceca. Dopo gli studi a 27 anni giunge a Trieste per occuparsi del rimboschimento dei boschi dell’entroterra che dovevano fornire il legname per le navi dell’Imperatore Austriaco.
Sembra che un giorno, osservando la vite del cavatappi che entrava nel sughero di una bottiglia, abbia avuto l’intuizione: usare una sorta di cavatappi per penetrare nel mare e con quello spingere una nave. I suoi compagni lo presero subito per uno che aveva bevuto un goccio di troppo ma l’idea rimase anche da sobrio e la sviluppò diventando quella che chiamò elice dal latino helix-icis.
Il milleottocento era iniziato da un paio di decenni e il traffico marittimo mondiale si muoveva a vela: grandi navi a vela scorazzavano per gli oceani coi loro carichi di merci e di persone, i pescatori uscivano e rientravano con le brezze, i contrabbandieri studiavano come veleggiare meglio dei doganieri, tutto il mondo marittimo si muoveva grazie al vento. In alcuni luoghi erano apparse però delle nuove imbarcazioni che si muovevano anche in mancanza di vento, e non erano mosse dai remi. Sui loro fianchi pendevano due grandi ruote che giravano e sbattevano in acqua delle pale, quelle pale facevano avanzare queste navi che erano dette navi a ruota. All’interno avevano una macchina che, mangiando carbone o legna, scaldava dell’acqua che si trasformava in vapore e questo vapore faceva muovere le ruote e le pale. I fiumi iniziarono ad essere percorsi da queste nuove navi che permettevano di navigare anche contro corrente e trasportare grossi carichi e decine di passeggeri. Poi le navi a ruota si affacciarono al mare e anche qui trovarono un loro spazio: l’idea di potersi muovere senza vento o contro vento le rendeva interessanti sia per il mondo mercantile che per quello militare.
Il milleottocento era iniziato da un paio di decenni e il traffico marittimo mondiale si muoveva a vela: grandi navi a vela scorazzavano per gli oceani coi loro carichi di merci e di persone, i pescatori uscivano e rientravano con le brezze, i contrabbandieri studiavano come veleggiare meglio dei doganieri, tutto il mondo marittimo si muoveva grazie al vento. In alcuni luoghi erano apparse però delle nuove imbarcazioni che si muovevano anche in mancanza di vento, e non erano mosse dai remi. Sui loro fianchi pendevano due grandi ruote che giravano e sbattevano in acqua delle pale, quelle pale facevano avanzare queste navi che erano dette navi a ruota. All’interno avevano una macchina che, mangiando carbone o legna, scaldava dell’acqua che si trasformava in vapore e questo vapore faceva muovere le ruote e le pale. I fiumi iniziarono ad essere percorsi da queste nuove navi che permettevano di navigare anche contro corrente e trasportare grossi carichi e decine di passeggeri. Poi le navi a ruota si affacciarono al mare e anche qui trovarono un loro spazio: l’idea di potersi muovere senza vento o contro vento le rendeva interessanti sia per il mondo mercantile che per quello militare.
© Ottobre 2015 Galileo Ferraresi