La maggior parte dei navigatori italiani neppure lo sa eppure l’arte di navigazione italiana trova traccia in tutto il mondo. Cuba è una delle mete preferite dagli italiani, e non solo negli ultimi tempi. Tra il 21 e il 27 gennaio 1493 vi arrivò un certo Cristoforo Colombo e un secolo dopo l’ingegnere Giovanni Battista Antonelli che costruì il primo acquedotto della capitale, il palazzo del Vescovo e il forte di El Morro a protezione della bahia dove si incontravano i galeoni carichi d’oro in partenza per la Spagna. Questi non furono che due delle centinaia di italiani che nel XVI secolo erano a Cuba.

Attorno al 1610, giunse sulle coste di Cuba una nave con marinai italiani che, in seguito ad un naufragio, sbarcarono e fondano addirittura una città chiamata come la loro nave: Mantua, l’antico nome di Mantova.

Il brigantino Mantua era comandata da Anatolli (o Antonio) Fiorenzano di Acquafredda (Maratea), Basilicata, e fa naufragio in questo tratto di costa in un punto noto come Los Arroyos. La nave, incastrata fra i coralli, è perduta. L’equipaggio prende terra e si porta dietro, oltre probabilmente a qualche attrezzatura di bordo, la statua lignea della Madonna delle Nevi.

Per ringraziare la Madonna, che ha salvato loro la vita, i naufraghi costruiscono un oratorio per l’immagine sacra. La presenza di questa madonna certifica in qualche modo l’origine dell’equipaggio. In tutta Cuba non esistono altri segni di devozione a questa madonna mentre a Mantova esisteva allora una chiesa dedicata a questa Vergine e la famiglia dei Gonzaga era tanto devota a questa Madonna da rappresentarla nelle proprie insegne, nella propria bandiera e sulle proprie navi.

Forse per rifugiarsi in un luogo distante dalla costa infestata di pirati, forse perché la zona lungo la costa non era particolarmente fertile, i naufraghi abbandonano ben presto il luogo dell’attracco e si trasferiscono nell’interno, a quindici chilometri, in una bella e fertile valle ricca d’acqua dove fondano una città che oggi conta 25.000 abitanti.

Ma chi erano questi fondatori? Nei registri parrocchiali di Mantua troviamo quattordici cognomi di origine italiana, di cui nessuno mantovano. Se consideriamo che un brigantino dell’epoca imbarcava un equipaggio di oltre cinquanta persone, mancano all’appello almeno trentacinque cognomi, tra i quali certamente qualche mantovano.

Probabilmente per parecchio tempo i nuovi mantovani vissero coltivando il terreno e commerciando con i vari pirati, corsari, filibustieri che bazzicavano la costa finché gli spagnoli, che si erano sempre tenuti nella parte orientale dell’isola, non occuparono anche la parte occidentale di Cuba.

Mantova non è mai stata considerata una città di tradizioni marinare, come mai esisteva una nave col suo nome, e con presumibilmente un equipaggio mantovano, nei Carabi? Ci siamo persi qualcosa della storia navale italiana?

Quando la Fiat era ancora da inventare i commerci nell’entroterra padano avvenivano preferibilmente per via fluviale e marittima. Nel centro della valle del fiume Po, in quella che viene considerata una delle tre zone più fertili del mondo, sorse Mantua, città circondata dalle acque che la collegavano al mare e che, pur non essendo mai stata una “repubblica” fu sempre “marinara”, una città di gente obbligata a navigare, se non altro per la propria sopravvivenza.

Nel 1600 Mantova era governata da Vincenzo I Gonzaga, un principe con manie di grandezza che non badava a spese pur di collezionare reliquie, pietre, piante e animali esotici. Oltre a collezionare il Gonzaga commerciava con le principali corti europee vendendo spezie che, incredibilmente, riusciva a procurarsi senza muoversi da Mantova.

Se il duca Vincenzo I restava a Mantova evidentemente altri mantovani si muovevano non solo per terra ma anche per mare.

Interessante è la relazione familiare tra la corona di Spagna e i Gonzaga. Luigi Gonzaga era figlio di un dignitario della corte di Felipe II, rinunciò alla corona di Mantova per entrare nella Compagnia di Gesù e, quando morì a 23 anni, fu santificato e divenne il patrono di Mantova. Tra la Spagna e Mantova ci furono anche dei legami navali: Andrea Gonzaga comandò la flotta del re spagnolo Felipe II e per lui conquistò Tripoli mentre Giovanni Vincenzo Gonzaga fu nominato comandante generale delle galere di Malta al servizio della Spagna. Con questi precedenti non ci stupiamo se tutte le lettere inviate durante i 35 anni di regno di Vincenzo I Gonzaga ai re di Spagna Felipe II e Felipe III d’Asburgo iniziano con le parole “Caro Cugino” o se troviamo una nave mantovana in navigazione nei carabi.

Si sta aprendo uno scenario inedito della storia delle navigazioni con una città lombarda al centro delle rotte alla scoperta del mondo.

Non più solamente marinai genovesi o veneziani che vanno per i mari al servizio d’altri stati, ma addirittura marinai mantovani che aprono nuove rotte per la propria città.

Resta ancora molto da studiare, molti archivi da consultare, molte domande cui rispondere. Dove erano costruite le navi dei Gonzaga? Da dove partivano? Lavoravano per la Spagna o in proprio? E il brigantino Mantua navigava per i Gonzaga o era di marinai mantovani divenuti pirati? Quando naufragarono perché non tornarono in Italia? Perché non cercarono protezione presso gli spagnoli? Che bandiera batteva il brigantino Mantua? Di chi era? Cosa faceva da quelle parti? Naufragò per un errore di navigazione o perché era inseguito dai pirati?

A parecchie domande si potrebbe rispondere recuperando il relitto del brigantino ma finora non è stato individuato neppure il luogo del naufragio. Servirebbero dei fondi per le ricerche, ma dove trovarli?

La città di Mantua fa parte della provincia cubana di Pinar del Rio, una regione bella ma povera. L’italiana Mantova nel 2016 è stata capitale della cultura ma anche lei ha le casse comunali vuote.

Dopo aver nutrito per millenni l’umanità con la cultura apprendiamo che nell’Italia di oggi “con la cultura non si mangia”, parola di Ministro della Cultura. In attesa di sapere qualcosa di più sul brigantino Mantua sfamiamoci con l’ignoranza.

© 03 febbraio 2018 Galileo Ferraresi

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